Storia degli ebrei in Marocco

Ebrei a Fès, 1900

La storia degli ebrei in Marocco è antica di oltre duemila anni. Le prime testimonianze di una presenza ebraica nella regione risalgono al periodo dei Fenici e a quello romano. La presenza ebraica venne rinforzata con la conversione all'ebraismo di varie tribù berbere nel periodo antico e con l'arrivo di vari gruppi dal Medio Oriente giunti dopo l'arrivo degli arabi.

La comunità visse un periodo di splendore nei primi secoli del secondo millennio, influenzata anche dalla vivacità della comunità ebraica sefardita nella Spagna islamica. Dopo la conquista cristiana dei territori musulmani nella penisola iberica e il decreto dell'Alhambra emesso nel 1492 dai re spagnoli, decine di migliaia di ebrei dalla Spagna, oltre che dal Portogallo a partire dal 1496, si rifugiarono in Marocco, raggiunti successivamente dai compatrioti musulmani moriscos, venendo accolti dai sultani e insediandosi nelle principali città del Paese, esercitando una notevole influenza sulle comunità ebraiche indigene in ambito religioso e culturale. Gli ebrei sefarditi e quelli di origine indigena mantennero identità separate nel corso dei secoli successivi. La comunità ebraica sviluppò stretti rapporti con i sultani marocchini, che nominarono nel corso dei secoli svariati visir e ambasciatori ebrei. I sultani si impegnarono nel loro ruolo di protettori della comunità, sviluppando un rapporto privilegiato con varie famiglie ebraiche mercantili, nominate tujjār al-sultān, alle quali venne assegnato il monopolio di varie merci circolanti nel Paese.

A partire dal XIX secolo la comunità ebraica marocchina cominciò a sviluppare rapporti commerciali e culturali con l'Europa. L'Alleanza israelitica universale si attivò nel diffondere una cultura laica e francofona tra la comunità, istituendo decine di scuole nel Paese tra il XIX e il XX secolo. Il protettorato francese favorì lo sviluppo di una borghesia ebraica in parte occidentalizzata, concentrata prevalentemente a Casablanca e nelle altre città principali. Le autorità coloniali non concedettero però la cittadinanza francese agli ebrei marocchini, differentemente a quanto fatto con gli ebrei algerini e tunisini. La comunità fu protetta dal sultano Muhammad V dalle politiche antisemite della Repubblica di Vichy. Tra gli anni 1940 e 1950 la comunità ebraica marocchina era una delle più vaste al mondo, contando tra le 250000 e le 350000 unità.

A partire dagli anni 1940 la comunità cominciò a emigrare verso la Palestina, spinta dalla propaganda sionista diffusa da gruppi attivi nel Paese fin dai primi decenni del XX secolo. L'esodo accelerò dopo l'istituzione dello Stato di Israele nel 1948. Centinaia di migliaia di ebrei abbandonarono il Marocco tra gli anni 1940 e 1960 per stabilirsi in Israele, spinti dall'Agenzia ebraica e dal Mossad. In Israele la comunità marocchina comprende centinaia di migliaia di persone e costituisce il gruppo più numeroso dopo gli ebrei russi. Dopo un periodo di discriminazione etnica vissuta in Israele da parte delle istituzioni aschenazite, a partire dagli anni 1970 la comunità si integrò progressivamente nel tessuto sociale israeliano. Cospicue comunità di ebrei marocchini si sono invece stabiliti in Francia, Canada, America Latina, Spagna e Gibilterra.

Nel XXI secolo vivono in Marocco migliaia di ebrei, concentrati in maggioranza a Casablanca, costituenti la comunità ebraica più vasta e organizzata del mondo arabo. In Marocco è in atto un processo di riscoperta del retaggio ebraico, che nel 2011 venne confermato nella Costituzione del Marocco costituire una delle componenti dell'identità nazionale e il cui studio venne incluso nel programma educativo marocchino a partire dal 2020. Le autorità e la cittadinanza locale si sono attivate in varie iniziative volte a restaurare e a preservare numerose sinagoghe e cimiteri ebraici. Decine di migliaia di turisti israeliani di origine marocchina visitano il Marocco ogni anno per riscoprire le proprie radici.


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